VISITA SOCI “BERNARDINO MISINTA” A CAMERINO NEL MARZO 2019
SCHEDE TECNICHE
La città di Camerino è stata colpita da una prima forte scossa il 24 agosto 2016, alle ore 3 e mezza di mattina, con una magnitudo di 6.0, poi due altre scosse il 26 ottobre 2016, la prima alle 19:11 (magnitudo 5.4), e la seconda alle 21:18 (magnitudo 5.9).
La scossa delle 19 aveva messo tutti in allarme, inducendo a non rientrare nelle case, cosicché la scosse delle 21, che è quella che ha causato i crolli dei palazzi, non ha però trovato nessuno in casa, facendo sì che non vi fossero vittime; pochi giorni dopo, già in piena emergenza con la città evacuata e gli abitanti sfollati, il 30 ottobre 2016 v’è stata la scossa più forte, magnitudo 6.5.
Queste scosse hanno messo in ginocchio la città: alcuni edifici hanno un angolo crollato, in altri ci sono enormi buchi, crepe solcano i muri, nella caserma dei Carabinieri sembra sia scoppiata una grossa bomba, e devastato i palazzi del centro storico, quelli più antichi: il Palazzo arcivescovile, la Cattedrale, e il Palazzo Ducale in cui si trovavano il Rettorato e la Facoltà di Giurisprudenza con la sua biblioteca giuridica.
Camerino, infatti, è sede di una Università fondata dai Papi nel 1336, ed ha una lunga tradizione religiosa: qui vicino vi nacque l’Ordine dei Cappuccini, ha dato i natali ad una Santa venerata in tutto il mondo, Battista Camilla da Varano, e ha dato un Papa alla Chiesa: Clemente X, Papa Altieri, che fu Arcivescovo di Camerino.
L’Università è fra le più antiche del mondo e fra le migliori d’Italia. Statalizzata nel 1958, nelle classifiche ufficiali del CENSIS è da ben quindici anni al primo posto fra le Università piccole (quelle fino a 10.000 studenti). A differenza delle Università di massa, qui i circa 300 professori prestano grande attenzione nel seguire personalmente i circa 9.000 studenti, duemila in più degli abitanti di Camerino. Da nessun’altra parte in Italia c’è un rapporto così simbiotico fra città e Università.
Rettorato e Giurisprudenza, cioè la mente e il cuore pulsante dell’Università, sono sopravvissuti al terremoto grazie all’eroica opera dell’allora Rettore Prof. Corradini e del suo braccio destro, ed attuale Rettore Prof. Pettinari, e dell’allora Preside di Giurisprudenza, Prof. Flamini, e del nuovo ed attuale Preside, Prof. Favale, che praticamente restando operativi ininterrottamente h24, contro vento e maree, sono riusciti a far sì che dopo solo una settimana dal terremoto gli uffici dell’Università fossero di nuovo operativi, e dopo un mese potessero riprendere le lezioni, anche in streaming.
LA BIBLIOTECA GIURIDICA
Il terremoto verificatosi nell’ottobre 2016 si è abbattuto duramente su Camerino ed ha arrecato gravissimi danni anche all’antico Palazzo Ducale dei Da Varano, non soltanto colpendo così al cuore la Scuola di Giurisprudenza e la Biblioteca giuridica, che lo abitavano mantenendolo vivo, ma anche esponendo al rischio di distruzione i preziosissimi libri cinquecenteschi e gli arredi lignei del ‘700 che vi erano religiosamente custoditi:
- la Biblioteca giuridica possiede circa 000 libri, un’interessante collezione di circa 500 opere a stampa databili tra la fine del 1400 e il 1800.
- Si tratta d’un fondo antico costituito da materiale molto raro e di particolare valore, di argomento giuridico, che comprende tra l’altro un’edizione del Corpus Iuris Civilis del XV secolo e varie opere monografiche di grandi giureconsulti.
- Non mancano pregiatissimi documenti di storia camerte, come l’edizione in pergamena dei Decreta Servanda apud Beatae Virginis Templum ad Carceres ed il gruppo di 33 memoriali manoscritti della Camerinensis Rota del XVII secolo.
La Biblioteca giuridica era ospitata nei sotterranei di Palazzo ducale, ed ora non solo è inaccessibile, trovandosi nella zona rossa, ma è anche direttamente inagibile, avendo subito gravi danni.
Una città fantasma
Cosa fare se un terremoto distrugge un luogo? In nessun caso puntellare le rovine e dimenticarsi del tutto come in Italia a Camerino
Thomas Steinfeld
Suddeutschland Zeitung n. 238, Martedì 16 ottobre 2018
Esiste l’abbozzo di un dramma di Heiner Mueller dal titolo “Philoktet 1979”. Nel testo l’archeologo Heinrich Schliemann entra nel mitico mondo dell’antichità per innescare una bomba al neutrone in modo da trasformare se stesso e tutto ciò che gli sta intorno in un paradiso per gli archeologi: non sopravvivono gli uomini, ma gli edifici, gli interni, i monumenti, in breve: viene conservato tutto solo ciò che è inanimato.
Un caso surreale, eppure un tale mondo esiste. Ma non nasce dalla mente di un fanatico dello scavo, ma da un terremoto. Così, considerato come un paesaggio paradisiaco per un archeologo, esso supera persino l’immaginazione di Heiner Mueller: tale mondo consiste non solo di case abbandonate, ma anche di rovine, che, messe in sicurezza grazie alle più recenti tecnologie, potranno probabilmente sopravvivere allo stato di macerie per centinaia di anni.
La città dove le fantasie di Heiner Mueller si sono trasformate in realtà si chiama Camerino e si trova su una cresta collinare nelle Marche, tra i monti Sibillini e non lontano dai confini con l’Umbria. Come molte altre città della regione ha una importante storia. L’insediamento risale all’epoca preromana, in larga misura presenta caratteri tardo medievali e raggiunse il suo massimo sviluppo all’epoca del primo Rinascimento.
L’ordine cappuccino è nato qui all’alba del 16. secolo e i monaci sono stati più frugali e autentici dei Francescani dai quali si sono distaccati. Le mura della città e la sua rocca (Rocca di Borgia), il palazzo dei Duchi e dei Vescovi, la piazza Cavour con la cattedrale e il monumento a Papa Sisto V, si aprirebbero come l’immagine ideale di una piccola città dell’Italia centrale davanti allo sfondo di un paesaggio ubertoso ed eroico allo stesso tempo qualora si potesse visitare tale luogo. Ma non è possibile. Soldati armati di mitragliatrice presidiano entrambi gli ingressi, ad essi si può arrivare solo con l’autorizzazione del sindaco, accompagnati da un funzionario della protezione civile e con un elmetto giallo in testa.
Una città, dalla quale tutta la vita è stata allontanata, appare più luttuosa di un cimitero. Poiché anche il più sinistro cimitero è consacrato alla pace eterna. Nel caso di una città questo non vale. Circa tremila abitanti abitavano nel “centro storico”, quando il 26 ottobre 2016 la terra ha tremato così tanto che le facciata si sono sgretolate, le torri sono collassate e le scale precipitate. Qualche casa mostra ancora il bucato steso, grigio e lacero. In qualche cucina si scorgono ancora le stoviglie da lavare.
Da quante case sia costituito il centro storico è difficile a dirsi. Un migliaio o di più? Quaranta erano ancora abitabili potendole raggiungere senza rischi: così dichiara un vigile del fuoco. Ora risuona vuoto ogni passo lungo le strade. Queste sono state liberate dalle macerie, mentre la maggior parte degli edifici sono assicurati grazie a impalcature, cavi d’acciaio e puntelli di ferro. Le finestre e le porte sono sostenute da travi, talvolta con l’aiuto di un telaio e due diagonali, in qualche casa improvvisate tettoie proteggono da muri instabili. In una chiesa è appeso un Tiepolo irraggiungibile. E’ curioso: anche gli uccelli sembrano essere fuggiti dalla città, per non parlare di cani e gatti.
L’università è più antica di quelle di Pisa, Praga o Heidelberg. Anch’essa non è quasi accessibile.
Camerino ospita un’università che, secondo una statistica ufficiale è la migliore tra le piccole università. E’ stata fondata nel 1336, ancora prima delle scuole superiori di Pisa, Praga o Heidelberg. Effettivamente Camerino, come la vicina Urbino era una città universitaria nel vero
senso. Non solo perché il rettorato, l’amministrazione, la facoltà di diritto e la biblioteca storica erano ospitate in alcuni dei palazzi più antichi, prima di tutto in Palazzo Ducale, ma anche perché molti dei 9.000 studenti abitavano nella città vecchia mentre i proprietari si erano trasferiti nella moderna periferia.
Il Palazzo Ducale può essere visitato solo se accompagnati. Ma quella che una volta era la scrivania del rettore, un’aula in una maestosa sala, lo studio di un professore sono coperti da una spessa coltre di polvere. La polvere avvolge anche le pitture ai muri, la maggior parte barocche e consacrate a motivi religiosi. Ovunque giacciono o sono appesi oggetti personali, chiavi, sciarpe, notizie scritte a mano. Il professore di diritto Stefano Testa Bappenheim mostra il fascino abbandonato della sua facoltà e porta via dalla sua calcinata biblioteca di consultazione solo il dizionario tecnico. Un piano di scale più sotto il passaggio è bloccato dai calcinacci. Al piano inferiore si trova invece una biblioteca in cui sono conservati volumi di valore storico. Cosa succederà di essi attualmente non sa né Bappenheim né alcun altro.
Quando Amatrice, una cittadina di 2.500 abitanti duecento chilometri circa a sud di Camerino venne distrutta da un terremoto nell’agosto del 2016 morirono trecento persone. Della città stessa sono rimasti solo cumuli di macerie. La distruzione di Amatrice è nota a tutti non solo per i molti morti, ma anche per le immagini che sono circolate. Poco dopo anche Camerino venne distrutta, comparativamente più grande e più importante dal punto di vista della storia della cultura: ma la notizia non raggiunse il mondo, così come avvenne per le cittadine di Visso, Ussita o Castelsantangelo sul Nera: cittadine più piccole e analogamente danneggiate nei monti Sibillini. In Italia si seppe del disastro solo quello che apparve dalle immagini: gli edifici di Camerino sono pur sostenuti da impalcature. Tuttavia la maggior parte di essi non sono altro che case fantasma o quinte teatrali.
Così ci si chiede per quale ragione simile dispendio di mezzi al semplice scopo di garantire la sicurezza degli edifici. Il lavoro appare giustificato solo se la città venisse ricostruita e gli edifici restaurati. Ma questo non sarà: le enormi infrastrutture di sostegno non anticipano altro che la loro futura, permanente esistenza.
All’inizio del 2009 un altro terremoto distrusse buona parte della città vecchia dell’Aquila, il capoluogo degli Abruzzi. All’epoca Silvio Berlusconi, che era Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, promise che la città sarebbe stata ricostruita esattamente così come era. Ormai la promessa appare infondata. Una grossa parte del costruito all’esterno della città vecchia è stato ricostruito, nuovi quartieri sono stati riedificati per i senza tetto. Ma nel centro storico sono stati ricostruiti al massimo un quarto degli edifici e a tal fine già spesi 21 miliardi di euro.
Le cose appaiono immobili in una specie di catastrofe stabilizzata
Si dice che ad Amatrice si stia deliberando su un piano di ricostruzione. Al contrario a Camerino le cose sembrano paralizzate in una sorta di catastrofe stabilizzata. In trenta o quarant’anni la città sarà ricostruita – mi annuncia un allegro giornalaio, che gestisce il suo chiosco fuori ed unterhalb (sottostante?) del centro storico. Sia’ sempre stato così da quando la città, dopo essere stata distrutta nel corso della guerra contro Manfredi di Sicilia, venne riedificata da Gentile da Varano nel 1262. Però nel medioevo Stato e Società non erano ancora organizzati in modo centralizzato come le comunità moderne – gran parte della popolazione ha ormai lasciato definitivamente la città per la costa adriatica. E’ probabile che da tempo circoli presso la pubblica amministrazione l’idea che sia meglio cedere (?) i centri storici abbandonati All’interno del centro storico di Camerino si trova un piccolo insediamento fatto da tende fisse di una tipologia che ricorda le feste medievali. I commercianti della città vecchia vi hanno trovato rifugio, il verduriere e l’ufficio turistico, la lavanderia e il panettiere. Alle loro spalle si trova una palestra. In questo modesto scatolone risalente agli anni sessanta o settanta, che si chiama Palazzo Rotary in ricordo del finanziatore, viene custodito il maggior tesoro di Camerino, in scaffali aperti, in parte avvolti da fogli di plastica, impolverati ed esposti alla luce del giorno: la Biblioteca Valentiniana. Il fondo principale, raccolto all’inizio del 19. secolo per offrire all’Università un patrimonio su cui svilupparsi e per proiettare
all’esterno il prestigio di Camerino, include numerosi manoscritti medievali, principalmente sulla storia religiosa delle Marche, libri di geografia illustrati e atlanti datanti dai primi tempi della cartografia moderna, manoscritti di drammaturgia del 16. secolo, principalmente però opere appartenenti alla storia delle scienze, che venivano e vengono studiate a Camerino: giurisprudenza, ma anche botanica, farmacia e medicina veterinaria. Originariamente la biblioteca era conservata nel Palazzo Ducale, in una sala dalla volta a botte, in scaffali costruiti appositamente. Poi c’è stato il terremoto del 1997 e il trasloco del Rettorato e il trasferimento nel “Palazzo Rotary”. Dopo il terremoto del 2016 anche la palestra è stata talmente danneggiata che nessuno più può visitare questa biblioteca.
Oggi lo sguardo scorre dal portone sbarrato lungo le colline intorno lungo le cui pendici si trovano le residenze degli studenti e dove i giuristi dovrebbero trovare un nuovo edificio in una costruzione di vetro che era originariamente destinata a fungere da mensa, mentre invece interi istituti hanno trovato collocazione in containers.
Il professore di diritto Bappenheim dice che lui naturalmente tornerà a Palazzo Ducale, nel suo studio: la città vecchia era tutt’uno con l’università, così come anche la biblioteca era circondata da possenti mura e coronata da una rocca e tuttavia (o piuttosto perciò) una cittadella dello studio, dell’apertura al mondo, della trasmissione del sapere e anche della bellezza. Se questo luogo dovesse andare perduto, non saranno colpite solo le Marche, non solo l’Italia, ma, sia consentito dirlo, tutto ciò che significa cultura europea. Non può, non deve succedere.