Latino, fine sec. XI e fine sec. XII, Italia settentrionale (Leno?). Decorazione: scuola bresciana. Il codice conteneva originariamente i primi otto libri dell’Antico Testamento, della Genesi al Libro di Ruth, cui è stata aggiunta in un momento successivo la Passio Sancte Juliane della fine del secolo XII; tutti i testi biblici e due prologhi patristici che vi sono intercalati – il primo all’inizio del manoscritto a mo’ di introduzione, il secondo a conslusione del Pentateuco – sono aperti da un’iniziale miniata con ornamentazione a tralci vegetali. Le lettere sono tracciate parte a inchiostro bruno, parte a inchiostro rosso su fondo risparmiato, in alcuni casi completate, negli spazi del canpo interno tra i tralci, da pennellate a tempera (in qualche caso esito, probabilmente, di ridipinture successive) giallo pallido, ocra, rosa, rosso, vinaccia, verde scuro, azzurro, grigio chiaro, nero, cosparsi da piccoli bolli di colore contrastante. Le forme dei capilettera e il modo di disporsi dei tralci rispetto a questi rivelano due differenti schemi compositivi. Un primo gruppo è caratterizzato da iniziali in caratteri capitali, con tratti percorsi lomgitudinalmente da un solco; in questo caso i tralci, oltre a descrivere delle volute o dei cappi negli spazi compresi all’interno della lettera, si avviluppano attorno all’iniziale stessa attraversandone talora l’apertura longitudinale. Nel secondo gruppo, invece, i tratti sono spesso aperti, e danno vita a motivi ad intreccio, di forma arrotondata o ad angolo acuto, all’estremità o nel punto mediano. Comune a tutte le iniziali è la morfologia dei tralci, di ascendenza ottoniana, che si ramificano più volte, intrecciandosi tra loro, e da cui hanno origine, ad intervalli regolari, riccioli a più lobi; al corpo della lettera si avvolge spesso un nastro disseminato di minuscoli cerchiolini. Abbastanza frequenti sono gli elementi zoomorfi: al grande capolettera che apre la Genesi (f.4r: “in principio”) si avvinghiano in alto e in basso, due coppie di draghi alati, i due alla sommità rivolti a testa in sù, i due alla base in posizione opposta; nell’iniziale che apre il Deuteronomio (f. 184v: “Hec sunt”) i nodi che concludono la lettera fuoriescono da piccole teste di drago, mentre nell’iniziale del prologo che raccorda il Pentateuco ai tre libri successivi (f.223r: “Tandem finito”) il tralcio è addentato da una fiera di aspetto leonino. La stessa tipologia di tralcio e le due varianti qui descritte circa il modo di interreagire di questo con la lettera si ritrovano, come già osservato dal Panazza, che anche in altro manoscritto della Biblioteca Queriniana, contenente i testi dei Profeti (Ms. G.III.1, cat.4), seppure con minore impiego di motivi zoomorfi. Lo studioso data entrambi i codici all’XI secolo, come pure Bischoff (comunicazione orale in occasione di una visita alla biblioteca), che ne ha preso in esame le caratteristiche paleografiche, seguito dalla Villa; soltanto il Bresciani individua uno scarto cronologico fra i due, avanzando la datazione dell’Ottateuco al XII secolo. Il codice è stato menzionato anche dalla Zizzo per l’affinità tra le due iniziali e alcuni capilettera dell’Omeliario della Biblioteca “Angelo Mai” di Bergamo (Ms. MA 607, cat.5), appartenuto – con ogni probabilità fin dall’origine – all’antica cattedrale bergamasca di Sant’Alessandro Maggiore e prodotto presso quello scriptorium nella seconda metà del XII secolo (Codici e Incunaboli …, 1989, 21, 24-25): all’interno di un più ricco e vario repertorio tipologico, che comprenda anche iniziali a nastri intrecciati, zoomorfe e antropomorfe, compaiono, in effetti, iniziali a tralci vegetali tracciate a inchiostro bruno, anche se l’aspetto cromatico – il fondo a tempera molto diluita seppia, rosso e verde acqua – le avvicina maggiormente al predetto codice dei Profeti. L’inclusione dei nostri due manoscritti nell’inventario della Biblioteca della Cattedrale di Brescia, compilato dai Gradenigo, data la grande distanza cronologica dal momento dell’esecuzione, non escluderebbe di per sè l’ipotesi di una diversa provenienza. Indicazioni di segno diverso provengono, però, dalle ris pettive note di possesso: quella dell’ Ottateuco abbastanza vicino cronologicamente alla redazione del codice del monastero di San benedetto a Leno, quella dei Profeti, di qualche decennio successiva, di San Pietro in Monte a Serle, entrambi nel bresciano. Un’ulteriore elemento utile si ricava da un codice contenente le opere di Giusppe Flavio conservate alla Bodleian Library di Oxford (Antiquates; Bellum Judaicum, Ms. Canon Pat. Lat. 148; Pacht, Alexander, 1970, 4), sottoscritto nel 1145 e recante una nota di possesso trecentesca dell’abbazia benedettina di S. Tummaso ad Acquanegra del Chiese nella diocesi di Brescia. Il confronto con l’iniziale riprodotta dal Pacht, si rivela, non solo stringente, nella tipologia dell’iniziale e del tralcio ma anche nell’elemento figurativo: una fiera molto simile alla nostra sia nelle forme che nella posizione, collocata all’interno della lettera in atto di azzannarne un tratto. Tali iniziali concordano nell’indicare in area bresciana l’esistenza di almeno uno scriptorium che produceva codici miniati, di cui questi tre esemplari documentano l’attività tra la fine dell’ XI secolo e la prima metà del successivo. Tra i manoscritti appartenuti alla Queriniana altri tre presentano un apparato decorativo affine; gli Omeliari A.I.6 e B.II.8 (con nota di possesso di mano gotica della chiesa bresciana di San Zenone de Floris, dedicata nel 1153) e il codice H.I.5 contenente libri biblici, la cui datazione è posta tra XI e XII secolo (Bresciani, 1959, 83-85; Panazza, 1963, 818, 820; Villa, 1972, 72-73, 75-76, 88-90). Bibliografia: Gradenigo, 1975, 448; Bresciani, 1959, 83; Panazza, 1963, 818; Villa, 1972, 72, 74, 90; G. Zizzo, in Codici e Incunaboli …, 1989, 25-26. [da Tesori Miniati, Codici e Incunaboli dei fondi antichi di Bergamo e Brescia, Silvana Editoriale, 1995].
Il codice è di proprietà della Biblioteca Civica Queriniana di Brescia.