Giovedì, 26 ottobre 2017. Conferenza del Dott. Pierluigi Serena

Care Amiche e Amici bibliofili,

la prossima conferenza riguarderà la storia dell’Arco e dell’Arcieria

con una presentazione particolarmente interessante teorica e pratica

in cui verranno esposti e mostrato l’uso

di diverse tipologie di archi ricostruiti personalmente.

La conferenza si terrà giovedì 26 ottobre 2017

presso l’Emeroteca alle ore 17.

INVITO SERENA

Presentazione.

Nel 1545 la nave ammiraglia da guerra del re Enrico VIII, la famosa “Mary Rose”, affondava disastrosamente nelle acque del Solent, al largo dell’isola di Wight, mentre si preparava a respingere un attacco navale francese. I freddi abissi della Manica si tramutarono nella silente tomba che fino ad oggi aveva nascosto ai nostri occhi il suo prezioso carico sia umano che di attrezzature nautiche, armamenti sia individuali che collettivi, archi da guerra (i famosi Longbows) frecce, barili, libri di bordo, registri etc. Un vero e proprio mondo sparito negli abissi come una sorta di Titanic ante litteram, ritornato alla luce solo di recente (1978) grazie al lavoro quasi eroico di recupero, conservazione e restauro eseguito dagli archeologi e appassionati britannici della “Mary Rose”.

Nello stesso anno un semi sconosciuto docente universitario, con il “vizio” del tiro con l’arco, presentava al re Enrico un suo singolare trattato dal titolo greco di TOXOPHILUS, che tradotto letteralmente significa “colui che ama l’arco”, un trattato sul tiro con l’arco sia per lo svago che per la difesa in guerra. Il re ne fu talmente entusiasta da garantire all’autore una pensione a vita per il suo eccellente lavoro, ma il sempre maggior sviluppo e perfezionamento delle armi da fuoco fece si che questo appassionato trattato di difesa dell’arco, il nobile strumento che rese grande l’Inghilterra, sprofondasse proprio come la Mary Rose nelle acque ancor più profonde dell’oblio degli uomini. Poco noto persino in Inghilterra, sebbene sia stato il primo libro accademico mai scritto in lingua inglese, il Toxophilus era però sopravvissuto nelle distratte menti di alcuni arcieri ed appassionati sotto forma di un imprendibile “fantasma”, una lontanissima eco di alati strali che lontani avi avevano narrato ad altrettanti lontani amici e parenti; fino a che, agli inizi del secolo scorso, la riscoperta del tiro con l’arco come valida disciplina mentale e sportiva ha visto il sorgere di una selva prima sporadica e poi lussureggiante di manualistica illustrativa e divulgativa sul tiro con l’arco supportata dal sorgere e dall’affermarsi di varie federazioni di tiro con l’arco nazionali ed internazionali e quasi ogni libro scritto da allora sull’argomento non manca di riportare quasi fosse un talismano: “Roger Ascham nel Toxophilus dice…” alimentando così una sorta di leggenda attorno a un trattato e a un personaggio che rischiava ormai di entrare nelle fiabe assieme agli gnomi e ai folletti. Roger Ascham era uno degli uomini più colti del ‘500, era il precettore e maestro nientemeno che della principessa Elisabetta, futura regina Elisabetta I Tudor, ed era in più un arciere; chi dunque meglio di lui poteva trasmetterci un “discorso” sull’arco e sulla importantissima collocazione storica attraverso pagine “fresche” di cinque secoli?

L’opera tradotta per la prima volta in italiano nel 1999 da Stefano Benini, eccellente arciere, studioso e sperimentatore, può dunque essere paragonata a quella svolta dal gruppo archeologico di recupero, salvataggio e restauro dell’ammiraglia inglese Mary Rose, il cui risultato è oggi esposto nel museo di Portsmouth: non un salvataggio di reperti e suppellettili, pur importanti, ma il salvataggio di un “sacro testo” e una testimonianza fondamentali.

Ecco dunque il Toxophilus, un dialogo sul tiro con l’arco e la sua importanza ed eccellenza nella storia, il primo manuale mai scritto sull’uso dell’arco lungo, finalmente sottratto al vago e fiabesco mondo del “si dice che”.

Pierluigi Serena, arciere compulsivo di lungo corso, si dedica da alcuni lustri allo studio della storia dell’arco e dell’arcieria. Quale appassionato si diletta nell’applicazione dell’archeologia sperimentale ricostruendo, con possibili e congruenti metodologie utilizzate nelle varie epoche storiche (e ambienti umani), archi, frecce e oggetti pertinenti. Iscritto alla FIARC ( Federazione Italiana Arcieri di Campagna) pratica, a livello sportivo, il tiro con l’arco nella versione “simulazione venatoria – tiro istintivo” nella categoria “arco storico” con materiali costruiti in proprio.

Giovedì 21 settembre 2017, ore 16. Conferenza del Dott. Pasquale Di Viesti.

Riprendiamo il ciclo delle nostre conferenze con

una conferenza altamente significativa per bibliofili appassionati.

Il Dott. Pasquale Di Viesti,

responsabile della Sezione Libro antico a stampa e

coordinatore della Biblioteca Digitale

nella Biblioteca Teresiana di Mantova,

ci parlerà dei tesori in essa custoditi.

INVITO DI VIESTICome si legge nella presentazione del Catalogo degli Incunaboli della Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova, in essa sono presenti 1089 edizioni del XV secolo presenti nel Fondo incunaboli dalla Biblioteca Teresiana di Mantova, con brevi notizie descrittive delle particolarità materiali di tutti gli esemplari posseduti, nonché la segnalazione di eventuali altre opere di secoli successivi ad essi legate, per un totale di 1617 testi rilevati. Il catalogo è inoltre corredato di numerosi indici (autori secondari, editori e tipografi, provenienze e possessori) che ne rendono più agevole la consultazione.

copertinaIl Fondo si colloca tra le più importanti raccolte conservate presso le biblioteche italiane, sia per quanto concerne la rarità (sono ben cinque le edizioni testimoniate al mondo soltanto dagli esemplari qui descritti), sia per il pregio silografico di molte edizioni e per le miniature presenti in parecchi esemplari

Le tematiche di cui ci parlerà il Dott. Di Viesti saranno, per linee generali, le medesime già trattate nella  Premessa introduttiva al Catalogo, e cioè:

–          alcuni cenni sintetici sulla storia della formazione del Fondo incunabolistico della Teresiana, a partire dalla sua fondazione nel 1780, e sul suo progressivo incremento quantitativo nel corso degli ultimi due secoli di esistenza della Biblioteca;

–          una rapida carrellata sulle provenienze dei vari volumi, con l’illustrazione di alcuni criteri metodologici mirati a determinare, per quanto possibile, i tratti distintivi di appartenenza dei volumi ai più significativi e consistenti nuclei librari che lo compongono;

–          un breve esame della composizione del Fondo librario giunto fino a noi, con alcuni approfondimenti sulle particolarità delle edizioni e degli esemplari posseduti, con particolare riguardo verso quelli rari, illustrati silografici o miniati, e forniti di legature di pregio.

Ne discute con l’autore il prof. Giancarlo Petrella.

Il Dott. Pasquale Di Viesti, dopo i primi interessi in campo estetico e artistico contemporaneo (con laurea in filosofia all’Università di Bologna), si è avvicinato a partire dal 1983 al mondo delle biblioteche, assunto presso la Biblioteca Teresiana di Mantova, con la qualifica di catalogatore del Fondo moderno.

Dal 1994 si è occupato di Libro antico, cominciando a catalogare le cinquecentine italiane (per Edit 16) e a revisionare gli incunaboli.

Attualmente ricopre la funzione di responsabile dei Fondi antichi a stampa della Biblioteca Teresiana di Mantova, nonché quella di coordinatore della Biblioteca Digitale di Mantova (consultabile a partire dal sito ufficiale) che ospita gran parte dei manoscritti e di altre opere rare di proprietà della Biblioteca stessa.

Tra le ultime pubblicazioni c’è la cura della mostra e del catalogo (in collaborazione con Andrea Canova) “La Tipografia a Mantova nel Quattrocento” (Mantova, Publi-Paolini, 2014) uscito in occasione della riapertura ufficiale delle Sale storiche monumentali della Teresiana, dopo gli interventi di restauro durati 15 anni.

Dal 5 al 12 maggio 2017 un gruppo di Bibliofili si sono recati a Palermo per visitare le Biblioteche

Care Amiche e Amici Bibliofili,

anche quest’anno un gruppo di noi si recherà a visitare un certo numero di Biblioteche a Palermo e dintorni: la Biblioteca comunale in casa Professa, la Biblioteca Bombace della Regione, La Biblioteca e il Museo Archeologico nel palazzo Branciforte, la Biblioteca Torres e Civica a Monreale assieme alla Cattedrale e al Museo della stessa, la Biblioteca e Museo Mandralisca di Cefalù e ci recheremo a visitare Erice.

Buona permanenza a chi rimane,

ci vediamo alla Conferenza del 18 maggio prossimo.

Qui di seguito in aggiunta e quale promemoria ecco alcune immagini delle biblioteche visitate:

Biblioteca comunale in casa Professa

Biblioteca comunale in casa Professa

Biblioteca centrale della regione siciliana A. Bombace

Biblioteca centrale della regione siciliana A. Bombace

Giovedì 8 giugno 2017, ore 16. Conferenza della Dott.ssa Elisabetta Sangalli.

Sembra incredibile che una delle opere d’arte più studiate al mondo, il Cenacolo di Leonardo da Vinci, possa dire qualche cosa di nuovo e di suggestivo. E’ ciò che ci promette di rivelare la dottoressa Elisabetta Sangalli, giovane studiosa che proporrà una lettura assolutamente nuova di alcuni dettagli del capolavoro vinciano finora non adeguatamente valorizzati. Un viaggio guidato tra pietre e allegorie ci consentirà di gustare mondi espressivi di insospettata suggestione, che il genio assoluto di Leonardo sa ancora regalarci.

INVITO X 1 SANGALLI

PRESENTAZIONE

Leonardo e le dodici pietre del Paradiso

Per la prima volta, un testo approfondito affronta con serietà la simbologia delle pietre dipinte da Leonardo nel Cenacolo del Convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, prendendo in considerazione molteplici elementi: dalla gemmologia nelle civiltà antiche, alla tradizione ebraica; dai Lapidari medioevali, all’impiego delle gemme in Età rinascimentale; dall’intenso clima culturale della Lombardia di fine Quattrocento, all’ambito domenicano, ricco di quelle riflessioni teologiche che fornirono a Leonardo il repertorio delle pietre preziose.

Le gemme dipinte da Leonardo nell’Ultima Cena delle Grazie erano ben note a tutti i popoli dell’antichità. Nelle civiltà antiche non solo le pietre più eccellenti come lo smeraldo, il topazio, l’ametista, ma anche le meno pregiate come l’agata e il diaspro erano considerate preziose, perché ai minerali erano associati significati religiosi, astrali e medicali ben precisi. Ad esempio, lo smeraldo, dipinto da Leonardo sulla veste del Cristo, era considerato portatore di pace e simbolo di rinascita e, sino all’età medioevale, venne relazionato alla possibilità di rigenerazione, tanto che santa Ildegarda di Bingen, vissuta nel XII secolo, riteneva si sviluppasse al sorgere del sole, quando la vegetazione si risveglia.

Approfondire lo studio di un dipinto destinato alla vita monastica significa quindi indagare sui contenuti teologici, rintracciabili in tutti i dettagli voluti dal Maestro, comprese le pietre preziose.

Il testo propone infatti una rilettura dell’Ultima Cena mediante l’analisi di dodici gemme preziose, già impiegate dal popolo di Israele per confezionare la veste del sommo sacerdote, e studiate mettendo a confronto l’Ultima Cena di Leonardo con le molte copie conservate nei più importanti musei al mondo, come la copia di Marco da Oggiono di proprietà del Louvre e la copia di Giampietrino della Royal Academy of Arts di Londra, per citarne alcune.

Per via della sua magnificenza, l’Ultima Cena di Leonardo è stata riprodotta nel corso dei secoli. Le copie più fedeli sono state realizzate in grandezza di poco inferiore a quella dell’originale direttamente da artisti di Scuola leonardesca, quindi a breve distanza dalla conclusione dell’originale, ultimato agli inizi del 1498.

La tecnica mista adottata dall’artista – olio misto a tempera, su doppio strato di intonaco – non ha consentito la conservazione del dipinto, giunto a noi estremamente frammentato. Infatti, a causa dell’inarrestabile degrado che ha da sempre interessato il dipinto, molte gemme non si sono conservate, oppure, in alcuni casi, i minuscoli frammenti di colore della pellicola pittorica non sono di per sé sufficienti a una ricognizione certa della specie minerale.

Il confronto tra una copia e l’originale, o tra le stesse copie, ha pertanto permesso di:

– verificare la distribuzione delle pietre nell’impianto figurativo del dipinto;

– scoprire che Leonardo dipinse, con chiara intenzione, solo otto delle dodici pietre bibliche (una sulla veste del Cristo, e le restanti sulle vesti di sette apostoli, scelti non casualmente);

– ricostruire, per quanto possibile, le gemme parzialmente visibili;

– supporre o ricostruire le gemme irrimediabilmente perdute;

analizzare le possibili fonti che fornirono a Leonardo i preziosi dettagli;

– evidenziare il connubio tra le dodici pietre, la Sacra Scrittura e la spiritualità domenicana;

– indagare il significato simbolico, iconografico ed escatologico delle pietre preziose.

Il testo esamina quindi un’iconografia inesplorata e poco conosciuta del Cenacolo di Leonardo, indagata attraverso un continuo confronto tra pietra preziosa e relativo significato biblico, e tra cultura rinascimentale e ambito domenicano; d’altra parte, la moda alla corte di Ludovico il Moro, che prevedeva di indossare i minerali nell’abbigliamento, soprattutto a chiusura di manti e pellicce, contribuì senz’altro all’adozione dell’iconografia delle pietre-castone. Tuttavia, con grande probabilità, Leonardo dipinse le pietre del Cenacolo conferendo loro un’interpretazione personale, svincolandole dal semplice ambito cortese, e associandole a ogni personaggio in base alla personalità e ai carismi propri di ciascuno. Ad esempio, Leonardo dipinge sulla veste di S. Giovanni uno splendido yahalom, un diamante, con chiaro rimando alla luminosa spiritualità dell’apostolo prediletto e al suo cuore puro; lo smeraldo che compare sulla veste del Cristo, discendente dalla tribù di Giuda, era invece associato dalla tradizione ebraica alla tribù di Levi, l’unica ad avere accesso al sacerdozio, mentre la pietra blu-azzurra sulla figura di Andrea sembrerebbe rifarsi maggiormente alla tradizione medioevale, che associava all’apostolo lo zaffiro, il Primo fondamento della Città celeste descritta nel cap. 21 dell’Apocalisse.

In conclusione, questa novità editoriale fa emergere un’iconografia inedita, rivelando ulteriori dettagli e un nuovo volto del Genio di Vinci.

Per ulteriori informazioni https://genialtutor.com/works/leonardo/

Si ringrazia l’Editore Genialtutor.com per aver creduto nella felice intuizione dell’autrice e per aver interamente finanziato il Progetto.

NOTE TECNICHE sulla PUBBLICAZIONE


– Titolo: Leonardo e le dodici pietre del Paradiso

(Leonardo and the twelve stones of Heaven)

– Autore: Elisabetta Sangalli

– Editore: genialtutor.com

– Anno di pubblicazione: dicembre 2016

– Pagg. 230, con 20 tavole a colori e 12 in b.n.

– Testo in doppia lingua (ITA / ENG)

– Versione cartacea (euro 27,00) – formato pag. 24×17

– Versione ebook (euro 4,49).

– Data uscita: 1 dicembre 2016.

– Informazioni: genialtutor.libri@gmail.com

Elisabetta Sangalli

Nata a Monza nel 1966, diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1990, approfondisce in seguito la Conservazione dei Beni culturali, percorso di studio che le permette di iniziare la collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni storico artistici nell’ambito del restauro di opere d’arte.

Appassionata di arte ad ampio raggio, attualmente Elisabetta Sangalli affianca l’attività di restauro a quella di promozione di eventi culturali. Collabora con Biblioteche civiche, Associazioni culturali e Università della Terza Età, per le quali conduce incontri di Storia dell’Arte, conferenze a tema e Visite guidate sul territorio.

Nel 2016 ha pubblicato con l’editore Genialtutor.com una ricerca inedita su Leonardo e il Cenacolo Vinciano. Partendo dalle copie dipinte dagli allievi di Leonardo, lo studio ha preso in considerazione le pietre-castone dipinte sulle vesti dei personaggi, proponendone i dettagli e formulando ipotesi di ricostruzione di quanto andato perduto nel dipinto originale.

In data 14 febbraio 2017 l’agenzia ANSA Toscana ha pubblicato la notizia di questa scoperta.

L’opera è stata recentemente inclusa nel Catalogo del Louvre, che ha riconosciuto la validità storico-artistica della ricerca e l’innovativo piano di lettura del dipinto.